viernes, junio 01, 2012


Strange days



Sono giorni strani, questi giorni miei... Di malinconia per i terremotati del Nord (con - nel ricordo - le immagini ancora vive e vivide dell'Aquila – il mio paese sui monti abruzzesi dista appena 40 km da AQ) e di nostalgia per la donna amata che si è rifatta una vita e che ha ancora la pazienza di sopportare le mie email in perfetto stile "Ti ricordi quella volta che...?", di incontri inaspettati e, soprattutto, di re-incontri strambi con persone che credevo di aver perso per sempre.

Mentre ascolto la bellissima canzone di Lisa Hannigan What I'll do (consiglio di mia sorella), ripenso alla panchina sotto casa, una panchina spuntata quasi per caso e che ha ci ha colti tutti di sorpresa, nessuno dei miei coinquilini (e delle persone che abitano nel palazzo di fronte) si aspettava una simile novità: una panchina, di legno scuro, con i piedi di metallo manierati e ben piantati nell'asfalto... Ma come mai? A che serve una panchina in mezzo al marciapiede con vista (panoramica?) sui bidoni dell'immondizia? Per riposarsi dopo aver gettato le buste? Per inalare il cattivo odore? Per chiedere l'elemosina ai passanti? Qual è la funzione di una simile panchina in un posto come questo?

E poi passa una settimana e uno torna dall'Università, stanco morto, e scopre (con sorpresa raddoppiata, rispetto alla prima volta) che la panchina non c'è più, l'hanno sradicata, si vedono ancora le orme dei piedi di metallo tolti dal cemento e dall'asfalto del marciapiedi, e pensa: una panchina ballerina, Giuda ballerino!

Strani giorni davvero, questi, quando ci si ritrova a pranzare a mensa con Nadine, collega tedesca che insegna Letteratura Tedesca, bionda e occhi azzurri (come vuole il canone nordico), bella e simpatica, capace di sprazzi di allegria e di cupa depressione, di risate e di pianti, come una specie di montagna russa umana dei sentimenti...

Parliamo di tutto, a pranzo, io e Nadine, da Goethe a Thomas Mann, da Thomas Bernhard (uno dei nostri autori preferiti) a W. G. Sebald (uno dei nostri autori preferiti), per finire con il porno e il significato della pornografia nell'era di internet. 

E' un argomento che ci prende e ci appassiona entrambi (senza arrossire, nessuno dei due - pensa a cosa vuol dire per un ragazzino di oggi, per un adolescente, nascere ai tempi di You Porn) e la gente ci osserva, ci vede che ci infervoriamo, fino a quando non racconto a Nadine la fantastica "parabola" di Annette Schwartz, sua conterranea e connazionale, una biondina tutta sale e pepe che ha cominciato a 18 anni, dopo essere stata infermiera in un ospedale di non ricordo più quale piccola cittadina tedesca, e ha scoperto le delizie del sesso estremo e si è data (in modo estremo) fino ad arrivare a girare film con i maggiori attori e registi di tutto il mondo, un sogno coronato a suon di orgasmi, una matta vera questa Anette Schwartz, una che ci ha messo l’impegno giusto per raggiungere la vetta e realizzare il suo sogno…

Nadine ride: “Vedo che sei un vero esperto; mi hai messo curiosità, stasera faccio una ricerchina”. E io: “Sì, ma lontano da sguardi indiscreti, mi raccomando, e non dirlo a tuo marito”. E Nadine: “Ma io non sono sposata, non vedi che non ho la fede al dito?” (e sembra quasi un invito, dovremmo vederci più spesso, io e te, sai?).

Oppure il fattaccio legato alla dichiarazione dei redditi; rincaso tardi la notte (sono le 2 circa), dopo una serata passata in uno dei pub più snobbamente letterari ed intellettuali della città e ritrovo – nella cassetta della posta – una bella letterina dell’Agenzia delle Entrate, mio Dio, Dio mio, cos’ho fatto? Perché? Forse che ho sbagliato? Mi arrestano? Avrò diritto ad un avvocato? Io tremo, alla sola idea di aprire la lettera, e così, il giorno dopo scopro che si tratta di un semplice avviso, una comunicazione al cittadino e comunque la cosa mi turba e mi sfogo telefonicamente con mia madre, mamma, lo sai, tu lo sai bene, io le tasse le ho sempre pagate, fino all’ultimo centesimo, ho avuto una paura, e mia madre: ma l’hai fatta la dichiarazione dei redditi? E io: quando si doveva fare? E lei: mi pare entro fine Maggio; e io: mamma, siamo al 30 Maggio!!! E lei: informati, che aspetti!!! E io: e se sono in ritardo, non è che mi arrestano? E lei: ma quanto sei esagerato!!! Domani, piuttosto, svegliati presto e vatti a informare dai sindacati, vai al CAF. E io: io mi sveglio sempre presto!!! E’ che ora sono preoccupato, come faccio? E così mi torna in mente Carla, la mia amica commercialista, quella che l’anno scorso mi ha fatto il 740 e la chiamo, seduta stante, per sapere che ne sarà della mia vita… Carla, come stai? Mi togli un dubbio? Ti prego! Scusami se ti disturbo a quest’ora, ma io devo sapere! E Carla: ma, scusa, cosa devi sapere? E io: entro quando va consegnato il modello del 740! E lei: ma noi l’anno scorso non abbiamo fatto mica il modello del 740, noi abbiamo fatto il modello UNICO e comunque, stai calmo, c’è tempo, si parte da metà Giugno, non devi preoccuparti. E io: grazie, Carla, non so cosa sia l’UNICO, ma ti ringrazio, sei un tesoro, mi salvi! E lei: ma quanto sei esagerato!!!

Giorni strani, fatti di corse al parco con le cuffiette nelle orecchie, musica utile a tenere il passo, ritmo accelerato e poi cadenzato, andiamo a fasi alterne, che nun ci sa più l’età per fare certe cose…

Giorni di attese vane, di persone che tornano dal passato, di amiche che chiedono consigli (quando io sono l’ultimo uomo sulla Terra a poterne dare), di amici che piangono per l’ex che li ha mollati sul più bello, proprio quando loro si stavano facendo una ragione del matrimonio, gente che passa nella tua vita per lasciarti una confidenza intima (devo avere proprio la faccia del bravo ragazzo o di quello bravo ad ascoltare se tutti si sentono in diritto/dovere di usarmi come loro confessore, la gente parla e parla e confessa anche le proprie paure più nascoste e le proprie speranze più vive, e io ascolto e ascolto e non so mai che dire, alla fin fine…).

Poi leggo questa poesia, bellissima, pura e sintetica, di Julio Cortázar (cito solo gli ultimi versi):

Los amantes rendidos se miran y se tocan
Una vez más antes de oler el día.
Ya están vestidos, ya se van por la calle.
Y es sólo entonces, cuando están vestidos,
que la ciudad los recupera hipócrita
y les impone los deberes cotidianos.

Che in italiano potremmo rendere più o meno così:

Gli amanti arresi si guardano e si toccano
Ancora una volta prima di annusare il giorno.
Sono già vestiti, camminano già per strada.
Ed è solo allora, quando sono vestiti,
che la città li recupera ipocrita
e impone loro i doveri quotidiani.

Strange days, those days…

6 comentarios:

  1. IN EFFETTI NON HAI LA FACCIA DA "BRAVO RAGAZZO", MA SICURAMENTE HAI LA FACCIA E LA TESTA DI CHI SA ASCOLTARE

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  2. Come? Non ho la faccia da "bravo ragazzo"??? Ahah! Grazie, Si, e sai pure che a te t'ascolto volentieri e sono sempre tutto orecchi! Un abraccio forte

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  3. A proposito, dopo un anno, ho scritto una "cosa" sul mio blog.

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  4. Letto e apprezzato! Scrivi più spesso; scrivi di più; non titubare, Si!

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  5. Immagino che siano questi giorni strani quelli di cui ci ricorderemo tra dieci, venti, quarant'anni. Quindi goditeli (godiamoceli) fine che ci sono.
    E' un piacere averti letto.
    FrouSvedese

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  6. Il piacere è tutto mio, FrouSvedese! Passa quando vuoi; io quando voglio farmi qualche risata passo da te, ok?
    E salutami la Svezia!

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