lunes, diciembre 02, 2013

Pisa (coi suoi fantasmi)



E così, dopo ben 2 anni d’assenza, torno a Pisa, la città che mi ha visto crescere come studioso e che mi ha accolto come dottorando, per ben 3 anni (vissuti intensamente), quando ancora si era giovani e non si sapeva minimamente che si sarebbe finiti a fare i prof. (o i docenti, o gli insegnanti, o i maestri, che tanto – in molti casi – è uguale, anche se – spesso – cambia lo stipendio e la metodologia da utilizzare in classe, la fauna umana che ci si ritrova davanti o i libri su cui si studia, ma non lo stress, non l’impegno o il sudore che implica un lavoro del genere, usare le parole per convincere, persuadere, informare, smuovere dal torpore dei ragionamenti della società del momento, etc.).

Pisa, con il suo fantastico Lungarno (superiore anche a quello di Firenze, a detta di Giacomo Leopardi) e la Torre arcinota nella bellissima Piazza dei Miracoli, e la sua Scuola Normale Superiore, con Piazza dei Cavalieri a far da sfondo alle nostre chiacchiere da congresso (o conferenza o simposio) e Piazza delle Vettovaglie, vero centro nevralgico della gioventù studentesca del luogo, punto di riferimento per chiunque voglia sbronzarsi a suon di vino economico e birretta in bottiglia… E Piazza Garibaldi, una delle mie preferite, anche perché lì ci trovi una delle gelaterie migliori di Pisa, e le Piagge (dove andavo a correre quando ero troppo stanco e stressato per la scrittura della tesi), e la stazione, e l’aeroporto, entrambe vicine, ai miei occhi di “romano” o di “madrileño” giramondo…

È davvero bello tornare, quando si è stati assenti tanti mesi da un posto in cui abbiamo lasciato un pezzo di cuore. Perché a Pisa ho conosciuto alcune delle persone più simpatiche e intelligenti che conosca; perché qui ho lasciato almeno un paio di buoni amici, di quelli che non ti dimenticherai d’invitare al matrimonio, il giorno in cui deciderai di sposarti, gente come Nico o Selene, gente che ti fa un caffè quando più ne hai voglia, o che ti aiuta a fare la valigia quando mancano pochi minuti alla partenza del tuo aereo…

Ecco: io a Pisa mi trovo come a casa mia, perché ci sono alcuni di quegli amici fondamentali che ti rendono la vita più facile, più sopportabile, più interessante o intrigante, più degna d’essere vissuta, insomma.
Come Nico, che mi parla delle sue potenziali fidanzate (ma nessuna gliel’ha ancora data, povero), e come Selene, che si sorprende se infilo un dito dentro il bollitore del latte per verificare se è caldo (e mi sgrida contro: “Non conoscevo il tuo lato primitivo!”).

E poi ci sono i colleghi (che fanno parte integrante inevitabile dei congressi o i convegni o i simposi), tra i quali si contano sia persone amiche che persone sgradevolissime, impossibile fare di tutt’erba un fascio…

E molti che mi chiedono: “Ma come ci sei finito in Spagna?”. E altri: “Chissà come te la starai spassando in Spagna?!”. E altri ancora: “Beato te, che sei in Spagna!”, come se la Spagna – la cui crisi è, per certi versi, ancora peggiore della nostra – fosse il Paradiso sulla Terra, come se davvero qui uno fosse in grado di vivere senza le angoscie tipiche d’Italia (ma non è così, non è che la Spagna sia meglio dell’Italia, è semplicemente che qui si vive con una mentalità diversa dalla nostra – e un giorno mi metterò ad analizzare da vicino in che senso l’una mentalità sia diversa dall’altra e perché gli spagnoli – al di là e nonostante la crisi – vivano con uno spirito un po’ più allegro del nostro).

A cena andiamo in un hotel di lusso del centro: c’invita l’Ambasciatore di Spagna in Roma. Ovvero: l’Ambasciatore si è scomodato e si è spostato da Roma ed è arrivato fino a Pisa per omaggiare professori come noi, che si dedicano allo studio (e alla diffusione) della lingua, della letteratura e della civiltà spagnola…

E quante risate, chiacchierando e criticando il vicino, insieme a Selene, quanti commenti che non ho captato, quanti ricordi, parlando con l’uno e con l’altro, quante teste ingrigite (ma i capelli bianchi stanno crescendo anche sul mio cranio), quanti tuffi nel passato, quanti ricordi legati a Pisa, quanti volti noti e meno noti, quante parole vacue e vane e vuote di senso e quante, invece, talmente intrise di significato da lasciarti a bocca aperta quando le senti in bocca a qualcuno che hai amato in passato, perché a Pisa ci sono anche persone che ho amato in passato, persone che mi hanno reso ciò che sono oggi, ragazze che oggi sono donne, donne che oggi sono spose, spose che domani saranno madri, madri che dopodomani saranno nonne… E allora questa città diventa il centro di gravità permanente dei miei ricordi, la città dei fantasmi del passato, fantasmi grati, che non mi fanno paura, anzi, tutto il contrario, sono fantasmi che mi coccolano, che mi ricordano ciò che fui e che mi dicono – senza esserne consapevoli – ciò che potrò essere, lontano da Pisa, lontano dall’Italia, lontano dagli anni belli della beata gioventù.

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