viernes, mayo 11, 2007

A cena coi famosi

"Con chi andresti a cena dei personaggi famosi che ci sono oggi in Italia?". Soffia il vento, ma fa caldo. Il sole bolle l'asfalto dell'aeroporto. Gabriel è in procinto di ripartire per Praga (da Pisa) e se ne esce con una domanda che non ha nè capo nè coda, visto il momento e l'ora (15,50 p.m.). Abbiamo da poco chiuso l'argomento "donne", dopo aver parlato di "letteratura", "politica italiana" e "corruzione universitaria". Provo a rispondergli, reggendogli il computer portatile (Gabriel si fa carico degli altri bagagli: un valigione enorme, una chitarra, una busta con un panino e la coca-cola):
"Beh, tra i famosi... direi: Nanni Moretti. Sì. Con lui ci andrei a mangiare una pizza; anche se nella realtà non credo sia così simpatico e ironico come appare nei suoi film - eccezion fatta per La stanza del figlio, e l'ultimo Caimano, troppo didascalico, a mio modesto parere, anche se ricco di spunti, quando fa il ritratto della vita sentimentale di Silvio Orlando".
"E poi: gli altri due?".
"Non mi avevi detto che avrei dovuto sceglierne tre!".
Passa una hostess, culo all'in sù, sguardo accattivante d'ordinanza, ma a me sembra eccessiva, ha esagerato con il rimmel e il rossetto (Alba Parietti: con lei non ci prenderei nemmeno un cappuccino con il cornetto).
"Dai, sono tre, tutti e tre devono essere italiani; scegli".
Un gruppetto di ragazzi si mette in fila per il check-in, come in processione, tutti vestiti allo stesso modo, con il lettore mp3 alle orecchie, e il bello è che chiacchierano allegramente fra di loro, ma come fanno, se hanno le cuffiette?
"Beh, allora, direi... Sandro Veronesi. E' uno scrittore elegante, gli chiederei un monte di cose, i trucchi del mestiere, come fa a far apparire quasi sempre un piatto di pasta nei suoi romanzi, un po' come faceva Salvatores nei suoi primi film. E poi, vediamo: Enrico Ghezzi, sì, lui non mi dispiacerebbe, sarebbe un commensale interessante, ci parlerei di cinema tutta notte, lui che si è inventato una roba come Fuori orario, tu te lo immagini quanti film avrà visto quell'uomo?".
Fisso Gabriel che fissa la hostess che è passata di nuovo, sguardo ammiccante, si reca in bagno, sculetta vistostamente. Gabriel torna in sè:
"Chi, quello che parla fuori-sincrono? A me farebbe da sonnifero, sinceramente, non si capisce una mazza di quello che dice, anche se suona sempre molto profondo".
Aspettiamo che torni la hostess sculettante. Niente. E' ora del check-in. Si sentono i rombi degli aerei in fase di decollo. Gabriel si prepara. Mi abbraccia. Mi viene in mente un altro personaggio più o meno famoso con cui andrei a cena fuori, magari un giovedì sera, magari a Roma, in una qualche trattoria di Trastevere: Tiziano Sclavi [quello che, insieme a Veronesi, ho già citato sotto], l'inventore di Dylan Dog, l'indagatore dell'incubo, per scambiarci quattro risate e parlare di quanto sia difficile mimare il linguaggio parlato attraverso la parola scritta... Verba volant, e tra poco volerà anche quella là, e Gabriel e quei chiacchieroni con le cuffiette.

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