Roma, una giornata estiva dopo un temporale d'inferno. Dopo un colloquio molto proficuo con un maestro - un critico letterario che camuffa i suoi molteplici saperi e la sua curiosità famelica dietro un sorriso sornione - esco dall'ufficio e mi reco in libreria, la Feltrinelli di Piazza della Repubblica. Compro e, poi, comincio a leggere Gli sfiorati, di Sandro Veronesi. E' degli anni '90, e si sente, in alcuni brani (sparse citazioni di orologi Swatch, oggi quasi scomparsi; alcuni modelli di scarpe da tennis che non si usano più, etc.). Muoio dalle risate perchè quello che dice di alcuni fenomeni architettonico-urbanistici della capitale è vero (i palazzi sformati dal trascorrere del tempo; abbombati; affastellati l'uno sull'altro; la libreria Feltrinelli del centro, che a volte sembra più vicina a Piazza di Spagna e altre volte - dipende da dove prendiamo il via - a Piazza del Popolo (con tanto di disegnino esplicativo, ovvero: come usare la tipografia a fini ludici, come c'insegnò già la buon'anima di Lawrence Sterne nel suo capolavoro shandiano). Muoio dalle risate e penso: Sandro Veronesi è uno dei pochi romanzieri che valga la pena leggere oggi in Italia; Caos calmo, uscito per Bompiani un paio di anni fa, ha sbancato (tra premi e critiche, encomiastiche e distruttive a parità di quantità; ha molte pagini "in sovrappiù", ma la voce che narra è talmente calma, paziente e autoironica, che non ci dispiace leggere le pagine in più).
La forza del passato, invece, è del 2000, se non erro. Parla di un tema vecchio come l'uomo: la difficoltà che ci contraddistingue nell'interpretare correttamente i comportamenti di chi ci sta accanto; la possibilità di carpirne la vera natura. Un figlio scopre che il padre in realtà non era quell'ufficiale dell'esercito affiliato alla DC che sembrava, ma una spia, una "cellula dormiente", al servizio del KGB, il servizio segreto della Russia stalinista. Da quel momento, la sua vita sarà oscurata dalle ombre del passato e dal timore di nuove inquietanti scoperte (chi non dubita della propria moglie, o della fidanzata, chissà quando sarà il mio turno, quando scoprirò che era tutto vero, che mi ha tradito, mentre io ero all'oscuro di tutto). Veronesi è fissato con i personaggi che incarnano il ruolo del "padre". Anche ne Gli sfiorati il protagonista, Mète, ha qualche problema a rapportarsi al padre, più intraprendente e giovane e irresponsabile di lui, a quanto pare. Così nel primo romanzo, se non erro: Per dove parte questo treno allegro, un altro bel quadretto dell'Italia di metà anni '80. Un padre irresponsabile: come, in parte, Pietro Paladini, il protagonista-narratore di Caos calmo, un padre che, dopo il trauma per la morte improvvisa della moglie, una volta divenuto vedovo, cerca di proteggere la figlia di dieci anni quando, poi, in realtà, sarà proprio lei a permettergli di andare avanti, di elaborare il lutto, come dicono i freudiani e di capire che "la gente pensa a noi infinitamente meno di quanto possiamo immaginare", come recita, sempre se non mi sbaglio, la quarta di copertina.
Sandro Veronesi non è l'unico. In Italia esiste uno scrittore che, negli anni '80, ha sfornato gioielli narrativi dotati di vera "suspense" e di sincero "humor nero". Parlo di Tiziano Sclavi, più famoso per la sua creazione fumettistica, Dylan Dog, "l'indagatore dell'incubo", che per i suoi libri. Chi non ha mai letto Le etichette delle camicie (Milano, Giunti, 1996) non sa cosa vuol dire "godere degli effetti della comicità in letteratura" (insomma, si è perso un sacco di risate); altrettanto umoristico è il surreale Non è successo niente (Milano, Mondadori, 1998), romanzo metaletterario, incrocio di più generi, nato, pare, da un fatto vero (Sclavi è stato raggirato dal commercialista, riuscendo a farsi rubare non ricordo più quanti miliardi). Anche se il mio preferito resta La circolazione del sangue (Milano, Mondadori, 1995), a metà tra Poe, Conan Doyle, lo splatter, i fratelli Marx e Proust (m'immagino il sogghigno dell'autore: "Proust, addirittura!").
E poi c'è Domenico Starnone, che non è male, anche se non mi convince del tutto (ho finito da poco Labilità, devo prendere ancora Via Gemito), anche se, quando narra della scuola italiana è davvero un maestro e coglie il segno.
E poi ci sarebbe Alessandro Baricco, Umberto Eco, Susanna Tamaro, ma questi lasciamoli perdere, ora non ho voglia, domani, forse, chissà....
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