martes, mayo 29, 2007

Quando tutto è già successo

[tentativo pseudo-filosofico di spiegare qualcosa che succede a tutti, almeno una volta nella vita, e forse anche più d'una, come accade per il famoso dejà-vu...]

Il tempo è un enigma, lo sanno anche i bambini (o forse no, loro non lo sanno e per questo non si pongono tanti problemi, tutto passa, un minuto dura un'eternità, chiudo subito parentesi, non vorrei dilungarmi troppo, passo e chiudo). Ultimamente, per me, è diventata un'ossessione. Ho letto fin troppi saggi sul tempo; ho anche scritto qualcosa; ho parlato del tempo con più d'una persona amica (e perciò, paziente: tra queste, Alyssa, forse la più paziente...).

Il punto è questo: l'altro giorno ho vissuto un'esperienza proustiana (o bergsoniana? o freudiana?) a metà tra il "dejà-vu" e l'allucinazione visiva. Scendevo dal treno Pisa-Firenze quando incrocio solo per un secondo lo sguardo di Ilaria. Ilaria, era lei, non ho dubbi. Circa 7 anni fa Ilaria era una mia vicina di casa, viveva a Roma, nell'appartamento continguo al nostro (mio, di mio fratello e di altri due studenti fuori-sede e, a volte, anche fuori-luogo). L'ultima volta che la vidi fu una mattina d'inverno, di nascosto, insieme alla mia ex, Carmen, spagnola di Cantabria... Erano le 5 del mattino, tornavamo (piuttosto ubriachi e sfatti di canne) da una festa in maschera... Aprimmo la porta con certo strepito e poi andammo al bagno, uno per volta, da bravi bambini. E poco prima di andare a dormire, tornammo in cucina per bere un po' d'acqua. Quando all'improvviso sento dei gemiti dalla sala (l'appartamento della mia ex aveva perfino la sala, sì, non come il mio, che a stento aveva i letti per dormire...). Carmen s'incuriosisce, entrando non ci avevamo fatto caso, sembrava non ci fosse nessuno. Socchiudiamo la porta e io la vedo... Vedo Ilaria, i capelli sciolti che le coprono il viso, l'espressione beata di chi gode, un ragazzo tra le sue gambe aperte che, evidentemente, le sta praticando ciò che un sessuologo chiamerebbe (con orrido latinismo) un cunnilingus (spero d'aver azzeccato la grafia...), insomma, gli sta leccando placidamente e con tutta la passione del caso la farfalla (per dirlo con un eufemismo che avrebbe fatto adirare Vladimir Nakobov, espertissimo cacciatore di farfalle).
Carmen si mise a ridere e io la tirai indietro. Chiudemmo la porta e andammo a letto, era brutto spiare qualcuno in simili frangenti, no?
Ebbene, sono trascorsi 7 anni e l'altro giorno la rivedo, è Ilaria, coincide tutto (capelli lunghi ricci castani, occhi neri, sguardo, quello no, non era così "godereccio", anzi, sembrava contrariata - il treno già stracolmo di passeggeri, forse in ritardo, direzione Livorno: coincide tutto, Ilaria era, anzi, è, di Livorno, qualche amica in comune mi disse anni fa che si era stufata di Roma e tornava lì dove era nata, Livorno). Lascio immaginare al lettore l'imbarazzo, il senso di vertigine temporale, l'annullamento istantaneo degli anni (dei mesi, delle ore e dei minuti) che ho provato quando il mio sguardo ha incrociato per una minima frazione di attimi il suo (ma non mi ha riconosciuto, altrimenti, voglio sperare, qualcosa avrebbe detto o fatto, e allora sì, mi sarei sentito un po' in imbarazzo, dato che l'ultima volta che l'avevo vista era in quella posizione e in un frangente tanto intimo... la passione che coglie alle ore più impensate, la voglia che cresce, sudore e umori e saliva mescolati insieme, l'alba alle porte, un divano così morbido e comodo... chi non ne avrebbe approfittato?).
Ci ho messo un po' a tornare a vivere il mio presente.

E poi c'è il futuro.

Lavoro con una fauna variegata d'esseri umani (da quelli più coglioni a quelli più stronzi, dagli "accettabili" agli onesti, la gamma è variopinta, ma non vasta). Tonino, napoletano d.o.c., sessantenne quasi in pensione, per gli amici Tony, mi spiega la sua teoria sul tempo, in un momento di pausa e sigarette e caffè, quando i clienti non rompono e l'aria torna a farsi respirabile. Mi spiega che lui evita di piangere, e di mantenere sempre i nervi saldi. Mi dice che ci riesce perchè "anticipa" le disgrazie; basta che senta l'odore di qualcosa che deve (o sta per) andare storto e lui s'immagina quello che è successo come se già fosse successo e lui stesse già vivendo un momento posteriore, quindi, ormai appartenente al futuro. Mi porge un'esempio (che mi ricorda un film, ma, al momento, mentre Tony me ne parla, non mi viene in mente che film è, non ricordo il titolo, cosa che farò dopo, sul treno Pisa-Firenze). Un giorno, a mezzogiorno, lo chiamano sul cellulare. E' sua figlia, di trentaquattro anni. Gli dice che la mamma (sua moglie) ha avuto un incidente. Tony scappa con la macchina e quando arriva l'autombulanza sta caricando il corpo ferito della donna. Non piange, non urla, non si spaventa. Con la mente si vede già vedovo. Immagina già cosa succederà se lei muore. Corrono in ospedale, lui monta in macchina e va a 40 all'ora. Non serve correre, sa già cosa succede. Passano due ore e i medici gli dicono che si salverà. Trauma cranico, ma passerà. La colonna vertebrale è integra. Solo qualche frattura al braccio sinistro. Tony mi sorride: "Sapevo già tutto".
Il film a cui pensavo (e che solo dopo avrei ricordato) è uno dei più belli tra quelli girati fino a oggi da Nanni Moretti: ne La stanza del figlio, il padre non sa che il figlio è morto, nemmeno la madre sa niente. Eppure... Due inquadrature accelerate e montate in parallelo si susseguono e ci preparano all'evento tragico: Giovanni (il padre protagonista del film) viene avvisato e corre con la macchina, la strada è piena di curve e qualche camion gli sfiora pericolosomante la fiancata; Laura Morante (la mamma) è al mercato e viene urtata da uno che sembra un ladro scippatore, ma forse è solo uno che va di fretta a lavoro; ora che ricordo meglio c'è anche l'inquadratura della sorella del ragazzo, che è in giro a fare la scema col motorino, insieme ai suoi amici, e anche in questo caso, noi, spettatori, non lo sappiamo, ma pre-vediamo che qualcosa di orribile è già accaduto. La morte del ragazzo, appunto. Tony avrebbe sorriso. O forse no. Il tempo (sia quello ricordato che quello anticipato, a volte, direi, "superstiziosamente anticipato") continua ad essere un mistero...

1 comentario:

  1. Il tempo...Proprio due giorni fa rivedo un ragazzo dopo circa 10 anni. 10 anni sono tanti, quante cose sono successe a me, e immagino anche a lui...Scambiamo due parole in un luogo troppo formale per riuscire ad essere un poì più confidenziali (un seggio elettorale). Ma mi accorgo che quei 10 anni sono niente, che certe cose non cambiano mai. Gli anni sono attimi. Il passato e il futuro non sono poi così distanti. Forse esiste un tempo unico, un nostro Presente che ingloba tutto. Tutto quello che eravamo, che siamo e che saremo.
    Mah, chissà...

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