L'anno scorso Julieta Venegas rappresentò la colonna sonora della mia estate da studioso di Letterature Straniere Moderne (ricordo ancora con gioia - e riascolto ancora con allegria - il ritornello di Me voy, il pezzo più famoso dell'album Limón y sal - ma anche Mi primer día non è male); quest'anno, semplicemente, non c'è colonna sonora che tenga (o che mi coadiuvi a superare questa noia mortale e questo periodo complicato, lavoro e studio in una Pisa deserta, i turisti scattano la classica foto fingendo di reggere la torre pendente con due mani, mi piacerebbe vedere la faccia che farebbero se la torre, proprio nell'istante dello scatto fotografico, crollasse rovinando strepitosamente a terra, sull'erba e il cemento della famosa Piazza dei Miracoli, sì, quello sì che sarebbe un miracolo, ma alla rovescia...). Però continuo ad ascoltare musica, è ovvio. Ascolto Ligabue, che non mi piace, ma l'ascolto lo stesso quando giro in bici e m'imbatto in questi due versi da L'odore del sesso:
"e ci siamo mischiati la pelle le anime le ossa
ed appena finito ognuno ha ripreso le sue".
Molto icastica come immagine. I due amanti che si mescolano tutto, compreso le ossa, e poi le raccolgono e se ne reimpossessano, ognuno torna "singolo", un "pezzo unico", per così dire, il dolore della separazione, non più "uno+uno", ma "uno" soltanto, separato dall'altro. In questi giorni leggo un romanzo di un autore del cui nome non voglio ricordarmi che parla proprio di questo: i morti che, il Giorno del Giudizio, recupereranno i loro resti mortali; e allora sì, il decapitato rimetterà la testa al proprio posto, sul tronco, e lo squartato proverà a rimettere insieme i pezzi e l'annegato a svuotare i polmoni dalle alghe incagliate nelle interiora... Questi due versi di Ligabue mi fanno pensare alle stesse immagini; con una differenza, però: che qui non si tratta del Giorno del Giudizio, ma della fine di un rapporto amoroso. Una tragedia anche quella, perchè in tal caso i giudici sono due e ognuno è pronto a condannare l'altro (o a lasciarsi condannare) per i motivi più disparati (e più disperati, in genere). Quanto dolore, quante lacrime inutili, quante recriminazioni...
Poi passo a Elisa, ascolto Qualcosa di te, titolo apparentemente banale. M'imbatto in queste parole (che, sia detto per inciso, accompagnate alla musica fanno tutte ovviamente un altro effetto):
"E miracolosamente non
Ho smesso di sognare
E miracolosamente
Non riesco a non sperare
E se c'è un segreto
E' fare tutto come
Se vedessi solo il sole"
Certe volte ci provo, a fare tutto come se vedessi solo il sole. Questa canzone mi riconcilia con la vita. Mi aiuta a sopportarne gli alti e i bassi, i cosiddetti "voltafaccia" della Fortuna. Sarà che sono anche metereopatico (si scrive così?) e quando c'è il sole (quando siamo in estate) mi sento meglio, e più ottimista, o più energico... Elisa e Ligabue hanno duettato in un'altra canzone. Lui l'ha scritta, lei la canta (se non vado errato). S'intitola Gli ostacoli del cuore. Mai titolo fu più azzeccato per inquadrare la situazione del momento. Sono un sentimentale, in fin dei conti...
Ultimamente mi sono convinta che nella vita non si fanno delle vere e proprie scelte. Piuttosto si vaga (come tu dici che a volte fai in casa) pazientemente o con ansia, aspettando qualcosa che ci sembra sempre dietro l'angolo e che non arriva mai. Vorremmo che questa attesa durasse poco, ma in realtà è proprio dentro a questo tempo e spazio ovattato, per ora fermo, che c'è il senso di tutto. (forse) E poi come capire qual è questo senso è tutta un'altra questione. Un abbraccio!
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