Al cinema ci vuole suspense (e sopresa)
Alla fine ci sono andato: al cinema, a vedere La terza madre. Alla fine del film m’è venuta in mente questa riflessione: c’erano tutti i mezzi per dare vita a un film davvero bello e davvero pauroso e invece… La sceneggiatura non è così “imprevedibile”, anzi; l’attrice protragonista, cioè Asia, la figlia di Dario, è piuttosto inespressiva (recita con tono di voce monotono ed espressione falsamente ed ingenuamente “sconvolta”); gli effetti speciali, sì, d’accordo, ci sono e fanno paura, ma spesso e volentieri sono volti a sé stessi, fanno scattare dalla poltroncina, ma poi si ripetono e ti lasciano quasi indifferente. Certe scene, più che a Dario Argento, fanno pensare al collega e amico Lamberto Bava. Che faceva horror di serie B e ne era orgoglioso; ma da Dario, certi trucchi, dopo Suspiria e dopo Profondo Rosso proprio non ce li saremmo aspettati (come la scena finale in cui Asia si trascina in mezzo a liquame non ben identificato tra teste e tronchi mozzi, braccia e vomito e schifezze varie, per poi risalire in superficie e rivedere l’alba di un nuovo giorno).
Ora, il punto è questo: secondo me esistono due grandi sotto-categorie dei film cosiddetti “horror” o del terrore; a) quelli che fanno paura a partire da una situazione realistica e verosimile; b) quelli che creano il terrore a partire da situazioni date di per sé come irreali, fantastiche o sovrannaturali. Per i film del primo gruppo, possiamo citare Psycho di Hitchcock; per quelli del secondo, possiamo pensare agli stessi film di Dario Argento (penso a Phenomena o anche al succitato Suspiria). Poi ci sarebbero film a metà: o che, partendo da una situazione realistica, sfociano nel “fantasy” e nel soprannaturale più puro (vedi Rosemary’s baby o L’inquilino del terzo piano di Roman Polanski; o anche La notte dei morti viventi di George Romero); oppure quelli che, al contrario, partendo da una situazione apparentemente soprannaturale e fantastica arrivano a una soluzione finale razionale e realistica (vedi… non mi viene in mente un esempio, forse perché è più difficile pensare a un film con tali caratteristiche; in genere, quando si parte dal reale per sconfinare nel fantastico il viaggio è di sola andata e non si torna indietro; certo molti “trhiller” - e non “horror” – approdano a una spiegazione razionl-materialistico-matematica, ma spesso resta l’ombra del soprannaturale; in tal senso è esemplare proprio Psycho: i dottori possono pure rassicurarci, la giustizia – rappresentata dalla polizia del paesino in cui vive Norman Bates – può pure aver catturato il pericoloso e psicopatico serial-killer, ma Bates continua a spaventarci con quel suo ghigno malefico e da pazzo furioso – vedi dissolvenza incrociata tra il volto di Bates e il teschio di un cadavere). Ecco, le mie principali difficoltà a seguire La terza madre derivano dallo statuto fin troppo “fantasy” della storia. Ripeto: non che in Suspiria o in Tenebre (la seconda parte della trilogia) ciò non succedesse, o non ci fossero apparizioni di streghe, o scontri tra streghe malefiche e streghe benevole (magia nera e bianca, come suolsi dire); o che non ci fossero esplicite scene di splatter puro, con conseguente rovesciamento intestinale di budella, cervella e litri e litri di sangue e materiale organico; no, queste sono cose che si vedono anche nei primi due capitoli della trilogia su “mater suspiriorum” e “mater tenebrorum” e “mater lacrimorum”. E’ che nell’ultima parte il “fantasy” prende il sopravvento, il soprannaturale viene chiaramente mostrato e la suspense va a farsi friggere a scapito di una inverosimile lotta tra le forze del male e quelle del bene. Come si fa a credere a Asia Argento quando, inseguita da una banda di streghe vestite come mignotte o punkabbestia strafatte, riesce a nascondersi perfino allo sguardo del polizziotto scomparendo con la sola forza del pensiero? Come si fa a provare paura davanti a una strega cattiva dai tratti orientali che sembra uscita da un manga giapponese e che si lascia fracassare il cranio sul treno Roma-Orte? Come ci si può fare sconvolgere dall’Apocalisse che sembra impossessarsi della capitale, con scene di violenza, stupri, mamme che gettano i bambini nel Tevere se dietro a tutto questo c’è già una spiegazione logica, anche se legata al soprannaturale – ovvero l’arrivo a Roma capoccia di una banda di streghe guidate dalla “terza madre” del titolo? Questo è l’errore di fondo che evidentemente impedisce al regista di sfruttare al meglio la sua vena visionaria. E di non ripetersi troppo, come invece ha fatto in questo film.
Scrivo queste impressioni da spettatore, ma so già che, la prossima volta che Dario Argento farà un film, io sarò lì, presente, in fila, a comprare il biglietto, per godermi lo spettacolo. Perché ci si affeziona a certi film, e a certi registi, proprio come si ha caro il prorpio autore preferito o l’attore dei propri sogni adolescenziali. Però che bello sarebbe poter vedere film in cui non cala mai la suspense; in cui il regista ci regala nuove paure; in cui si gioca a carte scoperte (o anche coperte) un gioco comunque nuovo, o mai ripetitivo.
Leggo le recensioni all’ultimo film di Coppola e temo che l’esperienza vissuta per Dario Argento possa ripetersi per il regista di uno dei miei film preferiti, Apocalyspe Now (Apocalisse Ora, ovvero “dentro il cuore di tenebra” di Conrad e dell’America). E così ho anche paura a noleggiare Inland Empire di David Lynch. E se fosse una fotocopia di Eraserhead? E se fosse una fotocopia fatta male, per giunta? Ho amato Mulholland Drive; ma ho adorato ancora di più The Straight Story ovvero Una storia vera, perché non sembrava Lynch… Che gli artisti s’ingegnino a soprenderci sennò finiremo per tradirli! O voltare loro le spalle (e mi vedo già in fila, in attesa, prima di entrare in sala, per vedermi l’ultimo di Nanni Moretti, o l’ultimo di Woody Allen, o l’ultimo di Martin Scorsese…).
Ora, il punto è questo: secondo me esistono due grandi sotto-categorie dei film cosiddetti “horror” o del terrore; a) quelli che fanno paura a partire da una situazione realistica e verosimile; b) quelli che creano il terrore a partire da situazioni date di per sé come irreali, fantastiche o sovrannaturali. Per i film del primo gruppo, possiamo citare Psycho di Hitchcock; per quelli del secondo, possiamo pensare agli stessi film di Dario Argento (penso a Phenomena o anche al succitato Suspiria). Poi ci sarebbero film a metà: o che, partendo da una situazione realistica, sfociano nel “fantasy” e nel soprannaturale più puro (vedi Rosemary’s baby o L’inquilino del terzo piano di Roman Polanski; o anche La notte dei morti viventi di George Romero); oppure quelli che, al contrario, partendo da una situazione apparentemente soprannaturale e fantastica arrivano a una soluzione finale razionale e realistica (vedi… non mi viene in mente un esempio, forse perché è più difficile pensare a un film con tali caratteristiche; in genere, quando si parte dal reale per sconfinare nel fantastico il viaggio è di sola andata e non si torna indietro; certo molti “trhiller” - e non “horror” – approdano a una spiegazione razionl-materialistico-matematica, ma spesso resta l’ombra del soprannaturale; in tal senso è esemplare proprio Psycho: i dottori possono pure rassicurarci, la giustizia – rappresentata dalla polizia del paesino in cui vive Norman Bates – può pure aver catturato il pericoloso e psicopatico serial-killer, ma Bates continua a spaventarci con quel suo ghigno malefico e da pazzo furioso – vedi dissolvenza incrociata tra il volto di Bates e il teschio di un cadavere). Ecco, le mie principali difficoltà a seguire La terza madre derivano dallo statuto fin troppo “fantasy” della storia. Ripeto: non che in Suspiria o in Tenebre (la seconda parte della trilogia) ciò non succedesse, o non ci fossero apparizioni di streghe, o scontri tra streghe malefiche e streghe benevole (magia nera e bianca, come suolsi dire); o che non ci fossero esplicite scene di splatter puro, con conseguente rovesciamento intestinale di budella, cervella e litri e litri di sangue e materiale organico; no, queste sono cose che si vedono anche nei primi due capitoli della trilogia su “mater suspiriorum” e “mater tenebrorum” e “mater lacrimorum”. E’ che nell’ultima parte il “fantasy” prende il sopravvento, il soprannaturale viene chiaramente mostrato e la suspense va a farsi friggere a scapito di una inverosimile lotta tra le forze del male e quelle del bene. Come si fa a credere a Asia Argento quando, inseguita da una banda di streghe vestite come mignotte o punkabbestia strafatte, riesce a nascondersi perfino allo sguardo del polizziotto scomparendo con la sola forza del pensiero? Come si fa a provare paura davanti a una strega cattiva dai tratti orientali che sembra uscita da un manga giapponese e che si lascia fracassare il cranio sul treno Roma-Orte? Come ci si può fare sconvolgere dall’Apocalisse che sembra impossessarsi della capitale, con scene di violenza, stupri, mamme che gettano i bambini nel Tevere se dietro a tutto questo c’è già una spiegazione logica, anche se legata al soprannaturale – ovvero l’arrivo a Roma capoccia di una banda di streghe guidate dalla “terza madre” del titolo? Questo è l’errore di fondo che evidentemente impedisce al regista di sfruttare al meglio la sua vena visionaria. E di non ripetersi troppo, come invece ha fatto in questo film.
Scrivo queste impressioni da spettatore, ma so già che, la prossima volta che Dario Argento farà un film, io sarò lì, presente, in fila, a comprare il biglietto, per godermi lo spettacolo. Perché ci si affeziona a certi film, e a certi registi, proprio come si ha caro il prorpio autore preferito o l’attore dei propri sogni adolescenziali. Però che bello sarebbe poter vedere film in cui non cala mai la suspense; in cui il regista ci regala nuove paure; in cui si gioca a carte scoperte (o anche coperte) un gioco comunque nuovo, o mai ripetitivo.
Leggo le recensioni all’ultimo film di Coppola e temo che l’esperienza vissuta per Dario Argento possa ripetersi per il regista di uno dei miei film preferiti, Apocalyspe Now (Apocalisse Ora, ovvero “dentro il cuore di tenebra” di Conrad e dell’America). E così ho anche paura a noleggiare Inland Empire di David Lynch. E se fosse una fotocopia di Eraserhead? E se fosse una fotocopia fatta male, per giunta? Ho amato Mulholland Drive; ma ho adorato ancora di più The Straight Story ovvero Una storia vera, perché non sembrava Lynch… Che gli artisti s’ingegnino a soprenderci sennò finiremo per tradirli! O voltare loro le spalle (e mi vedo già in fila, in attesa, prima di entrare in sala, per vedermi l’ultimo di Nanni Moretti, o l’ultimo di Woody Allen, o l’ultimo di Martin Scorsese…).
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