sábado, enero 26, 2008

Scusami, ma leggi Moccia!

Mentre il governo Prodi cade e c'è chi beve champagne e festeggia e chi si dispera e finge di strapparsi i capelli (finge: sotto sotto anche questo qualcuno continua a prendere il suo bello stipendio e poi ci sono le pensioni vitalizie, non è poi una catastrofe così grave, suvvia!), io torno a casa e scopro una tragedia domestica, ma non per questo meno catastrofica. Mia sorella, che ha 16 anni, è seduta sul divano e legge con attenzione Scusami ma ti chiamo amore di Federico Moccia... Non posso credere a quanto vedono i miei occhi, afferro al volo il tomo, leggo la scheda riassuntiva e la nota biografica, ma è vero, purtroppo è tutto vero, questo qui che ho tra le mani è proprio un romanzo di successo del mitico Moccia...(mitico per i giovani ragazzi e ragazzini contemporanei). Apro il libro a metà e leggo un dialogo tra madre e figlia. La figlia ha preso il caffè, la madre la sgrida. La figlia vuole uscire col motorino, la mamma gli ricorda di non correre e d'indossare il casco. Ora, non vorrei assumere il tono o l'atteggiamento di superiorità di coloro che dicono che Moccia è solo un "fenomeno editoriale" destinato a essere dimenticato nel giro di un paio di film e di un paio d'anni; nè voglio assumere il ruolo (che non mi compete) di giudice delle Lettere e stabilire chi è un classico e chi no, cosa bisogna leggere e cosa va assolutamente tenuto a distanza o peggio osteggiato con snobistica indifferenza (e poi è difficile, quasi impossibile, giudicare qualcosa o qualcuno solo dalla lettura di poche righe, eppure... Dio è nei particolari, come diceva Flaubert). Certo è che subodorare una certa furbizia in questo autore di best-sellers è quasi inevitabile, leggendo un pezzo di dialogo come quello sopra riportato. Io dipingo i giovani d'oggi, le loro storie d'amore, i loro problemi adolescenziali così come loro pretendono di poterli vedere rappresentati in un romanzo o in un film e il gioco (dell'immedesimazione) è fatto. Il vero artista è colui che riesce a convincermi della verosimiglianza di una storia in cui chi narra, da essere umano più o meno normale, si è trasformato in insetto gigante e ci descrive la sua nuova, dolorosa vita, nella nuova, incredibile veste animale. Il vero romanziere è chi riesce a sconvolgere il rapporto che io dò per scontato tra me e il mondo e mi porge di questo mondo una versione straniante, ma possibile, un lato che io non avevo mai visto o avevo soltanto intravisto di sfuggita senza soffermarmici. Il vero creatore è chi, usando le parole che tutti usiamo nella vita quotidiana, riesce a dare loro una sfumatura, dei colori, che non possiedono nella vita quotidiana, e in tal modo mi fa entrare in un mondo "altro" in cui è possibile vedere le cose alla rovescia, attraversare uno specchio o volare nello spazio. Guardare in modo nuovo e più a fondo quanto ci circonda: questo è quello che i veri romanzieri riescono ad ottenere con le loro finzioni. Non certo duplicare il mondo "reale" in cui mangio e mi muovo e dormo, ma duplicare una versione potenziale, verosimile e più interessante dello stesso.

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