domingo, enero 24, 2021

 I Lacci di Starnone e la versione di Daniele Luchetti





E insomma, la vita è davvero strana: una collega m'invita a partecipare ad un ciclo su "Cinema & Romanzo" e mi "assegna" Caos calmo di Antonello Grimaldi tratto dal famoso romanzo del mio caro Sandro Veronesi e con il mio sempre ammirato Nanni Moretti, io accetto, la Cineteca pure e poi...il virus ci obbliga a posticipare e, infine, a convertire l'evento da "presenziale" a "online": dovrei registrare una mini-introduzione di 15 minuti, al posto della presentazione in Sala A, quella più grande (50 i posti a sedere con l'obbligo di mascherina e il distanziamento sociale prima che i contagi toccassero quote preoccupanti anche qui, nella città del Sud del Sud della Spagna in cui scrivo).

Poi, un'altra collega, una collega della mia collega italianista, mi dice che Caos calmo non è disponibile "in chiaro" e "online" e mi chiede di pensare ad un altro film. 

La mente mi corre subito a PPP (Pier Paolo Pasolini): uno dei pochi registi coraggiosi che ha trasposto il Decameron di Boccaccio al cinema; e se, invece, proponessi qualcosa di più contemporaneo? Un'amica mi suggerisce Gomorra, da Saviano, certo; un'altra mi fa l'esempio di Romanzo criminale, ma io non ho mai letto De Cataldo (anche se il film non mi dispiacque). E se puntassi sui classici? Di nuovo, dopo Pasolini, la mente viaggia verso Luchino Visconti, ma Senso, no, quello non posso sceglierlo io perché l'ha già scelto qualcun'altro e Il Gattopardo, miodio, cosa dire di un film così spettacolare in relazione a un romanzo così importante e innovativo? Non me la sento (e scarto La terra trema, perché se non è "in chiaro" Caos calmo, figuriamoci La terra trema - una delle versioni più liriche e potenti che si possa immaginare in rapporto al testo di partenza, I Malavoglia di Verga...).

Poi, per caso, mia sorella mi suggerisce Una questione privata, da Beppe Fenoglio: non ricordavo affatto che i fratelli Taviani avessero portato sul grande schermo uno dei capolavori della letteratura italiana di tutti i tempi, ma leggo le critiche e non sono molto positive. 

Poi, facendo zapping su internet, m'imbatto in Lacci, di Daniele Luchetti, tratto dall'omonimo romanzo del 2014 di Domenico Starnone.

Io e la mia compagna di avventure decidiamo di vederlo, ben consci del fatto che verremo interrotti dalla prole. Ho letto il romanzo nel marzo del 2016. Ma non ne ricordavo la trama. E subito sorgono i dubbi: perché Lacci mi fa stare male? Perché la Vanda invecchiata interpretata da Laura Morante mi ricorda qualcuno che ho conosciuto in passato? Perché tremo all'idea di diventare come il protagonista (interpretato da giovane da Luigi Lo Cascio e da anziano dal sempre bravo Silvio Orlando)? Perché, alla fine del film, mi resta un vago sapore d'amarognolo?

Sulla prima pagina del romanzo ho segnalato questa frase: "[...] si sono nascosti l'uno all'altra, ma non senza lasciarsi la mincaccia di scoprirsi in ogni momento" (p. 132). È una frase terribile, spaventosa, che ora non ricordo perché mi colpisse tanto, ma che riletta a distanza di anni e dopo aver visto la trasposizione di Luchetti nel 2020 (poco prima che scoppiasse la pandemia), ebbene, questa frase, composta da queste parole, assume tratti ancora più minacciosi, mi sembra ancora più apocalittica...

Non penso di optare per Lacci, se alla fine parlerò nel ciclo "Cinema & Romanzo"; il film non mi ha appassionato, non mi ha emozionato, è solo riuscito a farmi venire l'ansia di fronte a un futuro che potrebbe vedermi nei panni di uno che lascia moglie e figli per poi tornare a casa e convivere per 30 anni con una donna che chissà se ama davvero (e come sarebbe stata la sua vita se, invece, fosse rimasto con l'amante? Quanti se e quanti ma ci facciamo quando decidiamo d'intraprendere una strada e di abbandonarne inevitabilmente un'altra).

A letto, lei lo nota che sono in ansia e mi dice di calmarmi e che c'è tempo , c'è ancora tempo, non serve che ora mi metta a cercare su internet o sul dizionaro del cinema (il Mereghetti è sui monti abruzzesi, qui ho solo il Morandini). 

E a volte penso a quanto è bella e affascinante. E a quanto sono fortunato a condividere il mio tempo con lei...

E altre volte penso a quanto è labile il confine tra la felicità e la disperazione, tra la salute e la malattia, tra la vita e la morte...

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