viernes, enero 29, 2021

 Il Chiosciotte di Antonio Moresco


Uno che conosce Antonio Moresco da anni, un lettore che lo segue dai suoi esordi, uno che ha amato la sua trilogia composta proprio da Gli esordi, Canti del caos e Gli increati, uno che ha ammirato anche l'onestà intellettuale e la critica spietata che del mondo letterario ed editoriale e culturale italiano offrono le bellissime Lettere a nessuno, sa già che prima o poi sarebbe finito con il ri-scrivere o con il re-incarnare il mitico personaggio cervantino. Antonio Moresco è Don Chiosciotte fin nei tratti somatici, come si evince chiaramente dall'immagine di copertina, in cui appare con un assurdo cappello pieno di piume colorate e in camicia da notte.

E così, era (quasi) inevitabile che Antonio Moresco pubblicasse questo nuovo Chisciotte (Milano, SEM, 2020), un libro stranamente breve, se guardiamo i romanzi pubblicati anteriormente, e stranamente a metà tra la scrittura narrativa più immaginifica e creativa e scoppiettante dell'autore (quella scrittura che il lettore affezionato considera, ormai, come un marchio di fabbrica, la cifra stilistica che lo rende uno scrittore unico) e la scrittura apparentemente veloce e neutra di una sceneggiatura.

E il punto è proprio questo: e cioè che quello che ci ritroviamo a leggere non è né un romanzo in senso stretto, né tantomeno una sceneggiatura nuda e cruda, bensì un mix originale tra i due generi (ma sappiamo anche che Moresco ama scardinare i generi e andare oltre le etichette di comodo - o che rendono più facile la classificazione - le succitate Lettere a nessuno sono anche il diario "dal sottosuolo" di uno scrittore che non riesce a pubblicare? Sono satira? Sono anche un ritratto della società e della cultura italiana del XX secolo? Che sono le Lettere a nessuno?).

Ciononostante, Chisciotte si legge tutto d'un fiato, anche perché leggendolo lo si vede, lo si visualizza in modo pregnante e a tratti davvero cinematografico: il lettore viene catapultato in modo così violento e veloce nel mondo "altro" del protagonista da non avere problemi a visualizzare tutti e tutto, i personaggi secondari e gli spazi descritti all'interno di un manicomonio (di una grande città forse italiana di cui non ci verrà mai detto il nome) che si chiama proprio "Miguel de Cervantes Saavedra"...

Ed ecco dunque la girandola dei personaggi, ognuno assurdo a suo modo e ognuno "poetico" a suo modo; c'è il primario, che Moresco vede bene nei panni di Walter Siti, che non fa che dondolarsi su un'altalena che pende dal soffitto; c'è Emily Bronte seduta perennemente sul water perché ha la colite; c'è un nano che fa i pesi (Giacomo Leopardi) e un individuo dalle orecchie enorme attaccate alla testa da due mollette (Franz Kafka); e poi c'è Dulcinea, che è tutta ingessata, tranne che all'altezza della vagina (e qui c'è uno dei grandi meriti della scrittura spericolata di Moresco: proporre una riflessione - anche se solo "en passant" - sulla sessualità (forse repressa) di Don Chisciotte e sulla rappresentazione fin troppo finta e idealizzata di Dulcinea del Toboso); e poi c'è Pinocchio, che dal romanzo di Collodi finisce in questa storia del XXI secolo; e la Piccola Fiammiferaia (che non si chiama proprio così, ma che è evidentemente la personificazione moderna della protagonista della famosa fiaba di Andersen); e poi c'è lui, ovviamente, Chisciotte, che non fa che contemplare gli altri, passeggiare nelle stanze del manicomio, spiare i personaggi ammirati e quelli temuti, spiare, soprattutto, la monaca che fa le abluzioni a Dulcinea (e lui confonde la "gnocca" con la "bocca" - il dialogo in cui spiega a Sancio la sua scoperta scioccante è davvero comico - erano anni che non ridevo a crepapelle leggendo un libro). E ad accompagnare Chisciotte nelle sue scorribande notturne c'è ovviamente anche Sancio, un infermiere giovane pieno di piercing e di tatuaggi tamarri, uno che pensa solo a dormire e a mangiare o a masturbarsi al pensiero di Dulcinea quando Chisciotte entra nei dettagli e gliela descrive nell'atto di sussurrare parole che non riesce a pronunciare (di nuovo, la vulva come la metonimia della bocca).

Non svelerò i punti nodali della trama, proprio perché in questa occasione Moresco costruisce una storia stringente, veloce, più "classica", se vogliamo, rispetto ai suoi romanzi "di sempre".

Sì, invece, mi azzardo a riportare uno dei primi dialoghi tra il primario e Chisciotte:

"Lei ha perso la ragione inseguendo queste chimere!", prorompe. "Come gli altri poveri folli che hanno scritto quei libri che le hanno divorato il cervello facendole scambiare per realtà l'immaginazione. Queste cose non esistono, non hanno più posto nel mondo, se mai l'hanno avuto. Si metta il cuore in pace. Anche gli scrittori di questa epoca l'hanno finalmente capito, sono diventati realistici, ragionevoli, si sono fatti furbi, intrattengono i lettori nel tempo che precede la loro e la nostra morte, stringono alleanze utili, si posizionano nelle istituzioni culturali, nei media, cercano di ricavare più che possono da questa cosa sorpassata a cui non crede più nessuno, pensano alle loro carriere, a come scalare posizioni, a come rimpinguare le loro carte di credito... Nessuno si aspetta più niente, a nessuno interessa più niente di questa sua pazzia. Lei è rimasto solo. Si guardi attorno: nel nostro tempo contano solo le quantità, i numeri, l'economia, la finanza,  gli spostamenti fulminei di capitali, i cavi oceanici, i missili, i droni, l'informazione drogata, le rapide comunicazioni in rete che si cancellano le une con le altre e colonizzano il tempo umano... cellulari, smatphone, messaggini, apriporte a distanza, chat, pastiglie erettive, vibratori..." (id., p. 20).

Si tratta di un "quadro della situazione" che Moresco ha già denunciato e descritto più volte in passato; si tratta di una posizione materialista, realista, e anche alquanto nichilista-disincantata contro cui occorre lottare e chi meglio di Chisciotte per cercare di remare contro, di usare la letteratura e l'immaginazione come armi che ci permetteranno di "sfondare" la rappresentazione mimetica della realtà per cercare di smontarne gli ingranaggi nascosti, le pecche più volgari, gli aspetti più ingiusti? Chi meglio dell'anti-eroe cervantino per usare la finzione per parlare della realtà da punti di vista innovativi, più originali, più inaspettati?

Non il miglior libro di Moresco, ma un libro che saprà trasportare il lettore verso un mondo "alla rovescia" in cui gente come Dante, Milton, Dostoievskij, Melville e i citati Kafka, Leopardi e compagnia bella diventano altrettanti Chisciotte o cavalieri erranti pronti a riportare un po' di bellezza e di coraggio in un mondo che ne ha tremendamente bisogno (oggi più che mai, potremmo dire con Moresco).

P.S.: sulla stampa si mette in risalto che per il ruolo di Dulcinea Moresco avrebbe già pensato a Valentina Nappi, la famosa pornoattrice. E io m'immagino come potrà essere il film, se davvero riusciranno a trovare un produttore pronto ad accettare la sfida di convertire in film il libro...Walter Siti come primario è perfetto; Carla Benedetti come la Madonna (la statua semovente della stessa) è perfetta; Sancio chissà chi potrebbe essere; Chisciotte, l'abbiamo già detto sopra, è lui...Antonio Moresco, in carne ed ossa, con la mente sempre allerta e l'immaginazione più sfrenata sempre pronta a ribaltare i rapporti tra verità e menzogna.

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