Personae
Che tutti quanti indossiamo una maschera non è un mistero (Pirandello docet; Unamuno lo supera; gente come John Barth o Enrique Vila-Matas ci scrive sopra interi giocattoli smontati e smontabili, delizia per il palato di lettori "curiosi e impertinenti" - come titolava Cervantes una delle sue migliori e più inquietanti "novelle intercalate" all'interno del Quijote); che questa maschera cambi nel corso del tempo e a seconda di chi ci troviamo davanti è risaputo (Montaigne scrisse una volta - cito a memoria, quindi, col rischio di sbagliare: "il mio io di adesso e il mio io di fra poco siamo certo due"); che dalle nostre maschere si possano trarre personaggi letterari (o meglio: potenziali abitatori di "mondi fittizi") è qualcosa di empiricamente meno dimostrabile ma virtualmente quotidiano. Ogni scrittore crea le sue dramatis personae a partire, oltre che da se stesso (e dalle molteplici maschera che immagina d'indossare - o che amerebbe indossare), anche da conoscenti, lontani o vicinissimi, da amici, da amici di amici, da gente magari incontrata per caso per strada o sul treno e mai più rivista (ricordo quella poesia di Baudelaire, quella in cui parla d'un immediato e per sempre finito amore provato per una passante, come diavolo s'intitolava quella bellissima poesia, come? Lui la guarda, inventa un futuro potenziale per entrambi, assapora già i piaceri della loro reciproca passione e lei è già scomparsa dalla visuale, addio, mia cara, ti ho amata anche se tu non lo verrai mai a sapere... come s'intitola?). Ed è così che sorgono poi i famosi "personaggi", quelli che il lettore ricorda e con i quali entra in immediato (o mediatissimo) contatto; quelli che poi riescono addirittura ad uscire dalle pagine che li contiene per vivere di vita propria (chi non sa chi è Don Chisciotte? Chi non ricorda l'incipit del monologo di Amleto? Perfino il "non-lettore" - o il "lettore-estemporaneo" - conosce (a volte anche solo per sentito dire) una donna estremamente romantica che risponde al nome di Mme Bovary - Emma, per l'esattezza o un eroe particolarmente coraggioso e furbo che si chiama Ulisse - a volte detto anche "Nessuno").
Ma il modo in cui si esprimono o agiscono, questi personaggi, resta un mistero.
Io non scrivo, se non per scherzo e saltuariamente (a volte, per non impazzire). Eppure... quante volte avrò provato a costruire un personaggio "padre" che fosse verosimile... Quante volte ho provato a dargli un'anima, dimenticandomi di com'è fatto mio padre, o il padre di un mio amico, per infondergli carattere (dire certe frasi e comportarsi in un certo modo).
Ora, per esempio. Mi ritrovo tra le mani un professore, tale Balmes, che lascia la moglie e scappa in Perù perchè non ce la fa più a sopportare la crisi matrimoniale. Ospite di Clara, una sua vecchia amica, assiste alla scomparsa di questa per opera di una banda di matti. Il professor Balmes. A quanti professori deve la sua linfa uno che si chiama "professor Balmes"? A quanti docenti che ho conosciuto nella vita vera rispondono i suoi (i miei) tic nervosi e il suo egoismo lampante e il suo coraggio di cartone?
Da dove nasce uno come il dottor Korsch, ginecologo viennese di fama internazionale che sembra essersi trasferito a Trujillo solo per intrigare il professor Balmes e frequentare le fanciulle del posto? (in questo caso in realtà il nome lo so: nasce da un cliente cui ho venduto un auto una notte d'Aprile all'aeroporto; viennese anche lui, due occhi di bragia, i capelli bianchi scompigliati sul cranio pronunciato; un ghigno da Mefistofele). Che relazione possono stabilire tra loro uno come Balmes e uno come Korsch? E da dov'è mai nato Tony Umorali? Un fantasma che soffre d'insonnia e che mi accompagna ormai da almeno otto anni...
Non credo a quegli scrittori che dicono che a volte i personaggi prendono il sopravvento e vivono di vita propria (come se fossero questi a governare l'autore e non viceversa). Nè credo che un personaggio, per colpire il lettore, debba essere per forza verosimile (per me Astolfo sulla luna è tanto reale quanto il Marcel della Recherche). So solo che è vero, che certe volte spuntano e sembrano muoversi in base a una loro logica interna che mi sfugge e che nemmeno a una seconda lettura mi è del tutto chiara.
Un esempio, preso a caso:
" "Hai per caso sognato di uccidere qualcuno con un rasoio elettrico? O più semplicemente di raderti e di ferirti?", domandò Balmes, sorridendo.
"Non scherzare", disse Clara. "E' stato orribile", aggiunse. Notò anche lei la brezza marina sulla pelle. I suoi capelli vennero smossi dal vento, lasciando intravedere il collo sinuoso e una collana di perle bianche comprata a un venditore ambulante in riva al mare"".
Sia Balmes che Clara avrebbero potuto esprimersi in cento modi diversi. Che le parole che io ho fatto finta che i due abbiano pronunciato siano proprio queste e non altre non può essere solo frutto del caso. Avrei potuto sceglierne altre; sono venute fuori queste...e non le ho ancora cambiate. Mi sembrerebbe di tradirli tutti e due, se lo facessi. Anche se sono io a comandare il gioco (ma loro devono pur vivere e giocare a loro volta, o no?).
miércoles, junio 13, 2007
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Ero curiosa e sono andata a cercarla, la poesia di Baudelaire: "A una passante", può essere?
ResponderEliminarBella, non la conoscevo, e bello anche questo post. A volte penso sia un onore leggere il tuo blog:-)
Troppo generosa,mitika! E grazie della dritta, andrò a (ri)leggermela anch'io quella poesia.
ResponderEliminarUn abbraccio forte dalla capitale (oggi particolarmente colorata per la sfilata dell'orgoglio gay)