domingo, mayo 02, 2010

Oltre Gutenberg


By Enrique Vila-Matas[1]

Torno a casa dopo un giorno molto stressante durante il quale non ho fatto altro che rispondere e rispondere – sempre la stessa risposta, risposta imparata a memoria, detta in modo meccanico – alle domande dei giornalisti sul futuro del libro a stampa. Ben mi sta, visto che ho scritto un romanzo in cui parlo del passaggio da Gutenberg a Google. Nel corso della giornata mi sono domandato spesso che ne sarebbe stato di Kafka se avesse dovuto rispondere in mille interviste perché raccontò che un giorno Gregor Samsa si ritrovò nel proprio letto trasformato in un mostruoso insetto, con una schiena dura come un guscio e un ventre tondeggiante. Immagino Kafka mentre ascolta sempre la solita domanda:

- E’ lei quell’insetto?

- Come dice, scusi?

C’è stato un momento terribile durante il quale, sicuramente per colpa della stanchezza, mi è sembrato che, invece che chiedermi del destino del libro a stampa, si preoccupassero del futuro dell’insetto. Per fortuna che era l’ultima intervista.

- Per caso lei vede il futuro del libro a stampa come se ormai fosse solo un volgare insetto? – ho chiesto, preoccupato.

Ricordo che a partire da quel momento, contagiato dall’incredibile insistenza delle domande sullo stesso argomento – Gutenberg e Google, e una e un’altra volta, sempre lo stesso tema, partendo e tornando da Google a Gutenberg e da Gutenberg a Google – ho cominciato seriamente a vedere il libro a stampa come se fosse un volgare e ripugnante scarafaggio che finirà per interessare solo accumulatori di carta straccia e sporca, ovvero, gente malata e affetta da quell’orribile variante del mal di Diogene che consiste nell’avere librerie.

Sto tornando felicemente a casa, ormai. Sono a piedi e in questo momento cammino per una strada solitaria, scarsamente illuminata. Se non fosse per il fatto che è vicina a casa mia e che la conosco bene, penserei che è una strada pericolosa. Cammino a fatica e pensando ossessivamente a quanto ho risposto a tutti coloro che mi hanno intervistato: “Non c’è motivo di allarmarsi dell’irruzione del mondo digitale nella letteratura perché tra Gutenberg e Google non c’è rottura ma continuità. Allarmante sarebbe il fatto che sparisse il linguaggio, il pensiero, la narrazione”.

E’ stata particolarmente faticosa la disquisizione dell’ultimo intervistatore perché si è impegnato a farmi notare che non è affatto vero che non esista rottura tra Gutenberg e Google. Basta osservare, mi diceva, come risulti impossibile citare da un libro in formato digitale la pagina in cui si trova la frase che ci ha commosso. Si può, mi spiegava, citare la pagina se il libro è nel formato pdf che riproduce la paginazione del volume a stampa, ma se, al contrario, il testo può essere adattato in quanto a carattere e dimensione delle parole, allora le pagine smettono di esistere ed è tutto unitario, per cui non si può citare, a meno che non si dica: per uno schermo di tot pollici, e con tipo di carattere di tot grandezza e di tot formato, ma ciò sarebbe davvero assurdo…

Non so cosa sia successo, forse è stato quando si sono accumulati tutti i momenti del giorno durante i quali mi hanno chiesto di Gutenberg e Google, di sicuro è che queste parole mi hanno colpito la mente con una certa brutalità, e ora torno a casa non solo stanco, ma anche con la testa chiaramente scossa dalle parole dell’ultimo intervistatore e soprattutto da una di queste, dalla parola – ma non so se arriva a esserlo – pdf.

Pdf è una parola? Sto diventando pazzo? Questa è un’altra bella domanda. Non so se, una volta arrivato a casa, potrò prendere sonno. Mi gira tutto, come se le scosse provenissero da una trottola che fosse a tratti pungiglione e a tratti un mostruoso insetto e che, per di più, questo insetto fosse il futuro del libro. Qualcosa mi suggerisce qui dentro – nella testa, ripetutamente scossa e prossima ad esplodere -, che in realtà la produzione e distribuzione di libri emigrerà poco a poco verso il cyberspazio e che lo schermo rimpiazzerà la parola scritta su carta e che ci sarà rottura, per quanto io possa credere e dire il contrario. Sono sfatto. Mi sento – scusate la parola – molto pdf. Certo che ci sarà rottura. Potrebbe succedere questo. Ma la cosa peggiore è che ancora non sono arrivato a casa e ormai non vedo altro che scarafaggi che sembrano mediocri attori comici in un grande dramma molto serio. Il dramma è mio. E io sono lo scarafaggio principale.

- Perché dice di essere un mostruoso insetto, con la schiena dura come un guscio e un ventre tondeggiante? – immagino mi chieda uno sconosciuto prima di girare l’angolo che si trova vicino casa.

Sono in pericolo? Lo è a maggior ragione il libro a stampa? Ho paura di qualcosa?

- Crede che i libri a stampa scompariranno e andremo verso un mondo completamente digitale? – immagino mi chieda l’accompagnatore dello sconosciuto.

E’ come se fossero gli ultimi due intervistatori del giorno. Mi gira la testa. Se almeno avessi paura. Solo che adesso la strada mi sembra perfino illuminata. Sono morto per colpa del problema tra Gutenberg e Google? La strada mi sembra sempre più luminosa, come se fossi entrato in un altro mondo. Luce dell’al di là.

- Per oggi non rispondo ad altre domande – dico. - Come direbbe Shakespeare, Gutenberg è Gutenberg e Google è Google. Chiaro? E ora scusatemi, ma sono proprio pdf.

Giro l’angolo e mi lascio dietro gli intervistatori e, quando sto per entrare a casa, vedo che sulle mie chiavi è scritto il futuro del libro. E’ così terribile ciò che leggo sulle mie chiavi che non so se è meglio tacere. A partire da ora, se qualcun altro torna a chiedermi del futuro del libro a stampa, manterrò un pietoso silenzio, come un morto. Non è piacevole sapere che neppure Google sopravvivrà e che al di là dell’era digitale ci aspetta il terribile Eyjafjallajökull, il centro di Difuclyatd, lì dove si sente il costante e inconfondibile gluglù di uno scarico.


[1] Frammento letterario: “Más allá de Gutenberg”, di Enrique Vila-Matas, apparso su El País del 24/04/2010. La trad. è mia, la simpatica foto dell'autore proviene dal sito internet:www.enriquevilamatas.com

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